giovedì 31 marzo 2011
Salsa verde per lesso o lampredotto.
Ingredienti :
prezzemolo
1 uovo sodo
2 filetti di acciuga sott'olio
Un cucchiaio di capperi
2 cucchiai di sottaceti misti
2 cucchiai di pinoli
Mezzo spicchio di aglio
Olio di oliva
Sale e pepe
Procedimento:
- Passare nel frullatore gli ingredienti fino ad ottenere un composto finissimo.
- metterlo in una ciotola, salare, pepare leggermente e diluirlo, sempre rimestando, con olio di oliva fino ad ottenere una salsa cremosa.
- prima di usarla è meglio lasciarla riposare per un'ora
mercoledì 30 marzo 2011
Lampredotto,una squisitezza d'altri tempi.
Più amato delle rime di Dante, più conosciuto delle ceramiche dei Della Robbia, antico come Palazzo Vecchio, il lampredotto è una pietanza che i fiorentini consumano e apprezzano.
Questo è uno dei quattro stomaci del bovino, una trippa, una frattaglia. Per i fiorentini è un’istituzione, una leggenda gastronomica, un rito popolare itinerante presente per le strade, sotto l’ombra nobile dei palazzi cinquecenteschi.
Il lampredotto è un cibo di strada che nasce tra le pietre squadrate e lucide nel cuore della città.
Gli ultimi baluardi di questo alimento povero e popolano sono i “banchini dei trippai”, come li chiamano a Firenze.
Un tempo erano carretti di legno, dipinti con colori sgargianti, condotti a mano o appoggiati su tricicli a pedali.
Oggi sono piccoli chioschi su quattro ruote, tutti di acciaio, lindi e sterili, ma con ancora intatto il loro fascino gitano. Portano in giro per Firenze il pesante carico di trippe e di storia.
In bella mostra, a un lato del banco, in mezzo a verdure fresche, limoni e insalata, i venditori offrono la loro mercanzia: lampredotto, trippa e puppa (la mammella del bovino), già bolliti e pronti per essere cucinati dalle massaie tra le mura domestiche.
Sull’altro lato del banco bollono due pentole piene di brodo, nelle quali cuociono, insieme a pomodori, carote, prezzemolo, cipolla e patate, grandi pezzi di lampredotto, destinati a una fine gloriosa: farcitura succulenta in mezzo a panini croccanti.
La storia ci aiuta a capire il perché di quest’amore tutto fiorentino per il lampredotto. Le cronache parlano delle “trippe” già nel Quattrocento, raccontando di botteghe fumose, a pochi passi dall’Arno, dove si bollivano e si vendevano le interiora per pochi centesimi.
A quei tempi la parola “fame” aveva un significato; trippa e lampredotto rappresentavano una concreta risposta ai brontolii dello stomaco. Proteine a buon mercato che il popolino nel corso dei secoli rese più appetibili e gustose elaborando ricette fantasiose. Oltre alla classica trippa alla fiorentina (pomodoro e parmigiano), e al lampredotto bollito, nei “banchini” si possono: lampredotto in inzimino (accompagnato da bietole), all’uccelletto (con salsiccia, fagioli e pomodoro), rifatto con le patate o con le cipolle, con i porri, con i carciofi.
I cultori di questo cibo preferiscono il lampredotto nella sua ricetta classica:
un panino croccante le cui facce interne sono appena bagnate di brodo bollente, farcito di morbida e semplice carne bollita, condito con sale e una generosa spolverata di pepe nero.
Ingredienti per 4 persone:
600 g Lampredotto
3 cipolle rosse
4 Coste di sedano intere con foglie
6 carote
2 pomodoro maturo
3 chiodi di garofano
Acqua 4 lt
pepe in grani
Sale grosso
Procedimento:
Preparate in una pentola tutti gli odori e versate l'acqua fredda, lavate bene il lampredotto sotto l'acqua corrente facendo attenzione ad entrare nelle pieghe della carne e mettetelo in pentola assieme agli odori.
Salate già ad acqua fredda e unite i chiodi ed il pepe.
Portate ad ebollizione e lasciate sobbollire coperto per almeno 3 ore.
Una volta cotto potete mangiarli o tagliato a pezzetti e solo salato ed oliato o nella classica maniera fiorentina, cioè tritato, messo in una rosetta (a Firenze si chiama semelle), condito con sale, salsa verde (vedi la mia ricetta), peperoncino e chiuso con la parte superiore del panino inzuppata del brodo di cottura.
Questa prelibatezza non è da tutti apprezzata,anzi la maggior parte delle volte,alla sua vista è accompagnata la frase "Che schifo!".
Ma assaggiare prima di dire certe cose no???
Questo è uno dei quattro stomaci del bovino, una trippa, una frattaglia. Per i fiorentini è un’istituzione, una leggenda gastronomica, un rito popolare itinerante presente per le strade, sotto l’ombra nobile dei palazzi cinquecenteschi.
Il lampredotto è un cibo di strada che nasce tra le pietre squadrate e lucide nel cuore della città.
Gli ultimi baluardi di questo alimento povero e popolano sono i “banchini dei trippai”, come li chiamano a Firenze.
Un tempo erano carretti di legno, dipinti con colori sgargianti, condotti a mano o appoggiati su tricicli a pedali.
Oggi sono piccoli chioschi su quattro ruote, tutti di acciaio, lindi e sterili, ma con ancora intatto il loro fascino gitano. Portano in giro per Firenze il pesante carico di trippe e di storia.
In bella mostra, a un lato del banco, in mezzo a verdure fresche, limoni e insalata, i venditori offrono la loro mercanzia: lampredotto, trippa e puppa (la mammella del bovino), già bolliti e pronti per essere cucinati dalle massaie tra le mura domestiche.
Sull’altro lato del banco bollono due pentole piene di brodo, nelle quali cuociono, insieme a pomodori, carote, prezzemolo, cipolla e patate, grandi pezzi di lampredotto, destinati a una fine gloriosa: farcitura succulenta in mezzo a panini croccanti.
La storia ci aiuta a capire il perché di quest’amore tutto fiorentino per il lampredotto. Le cronache parlano delle “trippe” già nel Quattrocento, raccontando di botteghe fumose, a pochi passi dall’Arno, dove si bollivano e si vendevano le interiora per pochi centesimi.
A quei tempi la parola “fame” aveva un significato; trippa e lampredotto rappresentavano una concreta risposta ai brontolii dello stomaco. Proteine a buon mercato che il popolino nel corso dei secoli rese più appetibili e gustose elaborando ricette fantasiose. Oltre alla classica trippa alla fiorentina (pomodoro e parmigiano), e al lampredotto bollito, nei “banchini” si possono: lampredotto in inzimino (accompagnato da bietole), all’uccelletto (con salsiccia, fagioli e pomodoro), rifatto con le patate o con le cipolle, con i porri, con i carciofi.
I cultori di questo cibo preferiscono il lampredotto nella sua ricetta classica:
un panino croccante le cui facce interne sono appena bagnate di brodo bollente, farcito di morbida e semplice carne bollita, condito con sale e una generosa spolverata di pepe nero.
Ingredienti per 4 persone:
600 g Lampredotto
3 cipolle rosse
4 Coste di sedano intere con foglie
6 carote
2 pomodoro maturo
3 chiodi di garofano
Acqua 4 lt
pepe in grani
Sale grosso
Procedimento:
Preparate in una pentola tutti gli odori e versate l'acqua fredda, lavate bene il lampredotto sotto l'acqua corrente facendo attenzione ad entrare nelle pieghe della carne e mettetelo in pentola assieme agli odori.
Salate già ad acqua fredda e unite i chiodi ed il pepe.
Portate ad ebollizione e lasciate sobbollire coperto per almeno 3 ore.
Una volta cotto potete mangiarli o tagliato a pezzetti e solo salato ed oliato o nella classica maniera fiorentina, cioè tritato, messo in una rosetta (a Firenze si chiama semelle), condito con sale, salsa verde (vedi la mia ricetta), peperoncino e chiuso con la parte superiore del panino inzuppata del brodo di cottura.
Questa prelibatezza non è da tutti apprezzata,anzi la maggior parte delle volte,alla sua vista è accompagnata la frase "Che schifo!".
Ma assaggiare prima di dire certe cose no???
La cinta senese,salumi per palati sopraffini.
Razza Cinta Senese
Atlante delle razze suine - Razze suine italiane
Origine, diffusione e caratteristiche produttive
RAZZA CON REGISTRO ANAGRAFICOLe origini di questa razza sono molto antiche ed esistono testimonianze pittoriche che dimostrano l'allevamento di suini simili all'attuale Cinta Senese fin dal Medioevo. Il tratto più caratteristico di questo suino è la presenza di una cinghiatura bianca, che dà il nome alla razza, su un mantello che è di colore nero-ardesia. La più famosa raffigurazione di un suino che assomiglia all'attuale Cinta Senese è di ambrogio Lorenzetti, "Effetti del buon Governo" (1319-1347), nel Palazzo Comunale di Siena. Altre rappresentazioni di suini con cinghiatura bianca appaiono in dipinti e affreschi della scuola senese del XII secolo in diverse chiese della campagna di Siena. Questa razza era probabilmente conosciuta anche al di fuori della Toscana, come si può dedurre dalla presenza di altre opere pittoriche raffiguranti questo animale, ad esempio a Venezia nella cappella dell'Annunziata, in un dipinto datato 1510, di esecuzione faentina.
E' una razza molto rustica e frugale, per cui la sua struttura si avvicina al tipo longilineo, con arti abbastanza lunghi ma robusti, tronco poco profondo, testa allungata a profilo rettilineo, adatta al pascolamento.
L'area di origine e di allevamento della Cinta Senese è quella della Montagnola Senese, compresa nel territorio dei comuni di Monteriggioni, Sovicille, Gaiole, Castelnuovo Berardenga e Casole d'Elsa, nel territorio delimitato dall'alta valle del fiume Merse da una parte e dall'alta valle del fiume Elsa dall'altra.
Negli anni Quarante del XX secolo veniva definita come la più importante razza suina della Toscana, ed era allevata in modo assai diffuso per ottenere l'incrocio di prima generazione con il Verro Large White. Questi meticci, noti con i nomi di "grigi" o "tramacchiati", erano molto ricercati dai caseifici del Nord Italia (che alimentavano i suini col siero che rimaneva dopo la casificazione) per la produzione del suino Pesante, in quanto dotati di rusticità, di facile ingrassamento e di carne molto pregiata.
Ad opera dell'ispettorato Provinciale dell'Agricoltura di siena, fin dai primi anni Trenta, fu attuata per questa razza un'azione di miglioramento genetico che comprendeva l'apertura di un Libro Genealogico. Tale libro venne poi chiuso negli anni sessanta a causa della forte contrazione demografica della razza che sfiorò l'estinzione; venne poi riaperto nel 1997 e trasformato in Registro Anagrafico nel 1999.
La Cinta Senese era molto diffusa in Toscana fino agli anni Cinquanta. Tra gli anni Sessanta e Novanta ha subito una drastica contrazione demografica, ma negli ultimi anni so è registrata una inversione di tendenza e la Cinta Senese presenta ormai da qualche tempo un trend positivo.
La Cinta Senese produce carne di ottima qualità, le cui caratteristiche sono apprezzate soprattutto per la trasformazione in salumi tipici. Il peso di macellazione varia dai 40 ai 60 kg per la produzione della porchetta. Per la produzione del suino pesante il peso di macellazione medio è di circa 120 kg e la sua carne viene prevalentemente trasformata in salumi tipici tradizionali, quali il prosciutto toscano, la spalla salata, le salsicce, la gola, il lardo, la pancetta o rigatino, il capocollo, la soppressata, la finocchiona, il buristo. Come carne fresca viene utilizzata maggiormente la lombata per la cottura sulla griglia sotto forma di bistecche e rosticciane.
E' un animale adatto all'allevamento all'aperto, allo stato brado o semibrado.
Caratteristiche morfologiche
E' una razza di tipo fine, di taglia media, con scheletro leggero ma solido. Il peso adulto è di 300 kg per i verri e di 250 kg circa per le scrofe.Mantello e cute - La cute e le setole sono di colore nero, salvo la presenza di una fascia bianca continua che circonda completamente il tronco all'altezza delle spalle includendo gli arti anteriori. Il passaggio tra nero e bianco può essere graduale e non netto. Sono inoltre ammesse macchie nere all'interno della fascia bianca.
Testa - La testa è di medio sviluppo, con profilo fronto-nasale rettilineo; orecchie dirette in avanti e in basso, di media lunghezza.
Collo - Il collo è allungato ed armonicamente inserito nel tronco.
Tronco - Il tronco è moderatamente lungo, di forma cilindrica depressa lateralmente, torace poco profondo e addome ampio, spalle muscolose e ben fasciate, linea dorso-lombare diritta, groppa inclinata, coda attorcigliata, natiche ben discese.
Arti - Gli arti sono medio-lunghi, sottili ma solidi, con articolazioni asciutte, pastorali netti e unghielli compatti.
Caratteri sessuali - Nel maschio: testicoli ben pronunciati. Nella femmina le mammelle devono essere in numero non inferiore a 10, regolarmente distanziate, con capezzoli normali ben pronunciati e pervii.
da Atlante delle razze autoctone - Daniele Bigi, Alessio Zanon - Edagricole
Salumi di cinta e le loro caratteristiche:
- Lonza di Cinta Senese: uno dei salumi più nobili per la sua morbidezza e delicatezza. Ricavata dal lombo del maiale, è stagionata dai due ai quattro mesi a seconda dell’uso. Più fresca è consigliabile consumarla come carpaccio condita con un filo d’olio, avanti con la stagionatura come semplice affettato.
- Lardo di Cinta alle erbe: Ottenuto dalle spalle e dal dorso del suino di almeno 12-14 mesi di età. Si consiglia di consumarlo sul pane caldo affettato in maniera sottile. Ottimo per la preparazione di piatti di carne ma anche di pesce.
- Capocollo di Cinta: prodotto con la parte terminale del lombo del suino (il collo), viene messo a marinare nel vino Chianti per qualche giorno insieme a sale, pepe e spezie varie. Si presenta con parti magre alternate a strati di grasso morbido ed aromatico.
- Prosciutto di Cinta : è’ sicuramente il prodotto che si distingue di più. Viene lavorato ancora come una volta e la stagionatura avviene all’aria senza l’ausilio delle celle condizionate come succede per le produzioni industriali.
- Spalla di Cinta: prodotta con la parte anteriore del suino è uno dei salumi più tipici. Più saporita del prosciutto viene servita principalmente come affettato magari accompagnata con fichi di stagione.
- Pancetta di Cinta: un prodotto molto semplice ma allo stesso tempo molto gustoso. E’ ricavata dallo strato adiposo del suino. In Toscana è conosciuta come “Rigatino”. Tagliata a cubetti viene usata per la preparazione di pasta all’amatriciana e carbonara.
- Guanciale di Cinta: proviene come dice il nome dalla guancia del maiale che viene salata e stagionata. E’ ottimo per lardellare arrosti e farcire carne e pesce.
- Salame di Cinta: le caratteristiche organolettiche di questo salame sono la totale assenza di acidità e il gusto morbido e dolce. Vengono scelte carni di primissima qualità ricevate dalle spalle, scamerite e rifilature di prosciutto.
- Finocchiona di Cinta: la Finocchiona non ha il così detto “lardello". Il grasso della finocchiona è ottenuto infatti dalle guancie e dalla pancetta del suino che vengono macinate in modo più grossolano.
Penne zucchine,gamberetti e anelli di totano
La leggenda vuole che questa ricetta sia nata una sera d'agosto a casa del mio amico Giovanni Santoro,partorita dalla mia mente e dalla sua...
I suoi genitori si trovavano in vacanza e,avendo lasciato casa libera,Giovanni pensò bene di trasformare la sua abitazione in una sorta di ostello della gioventù,ovviamente rivolto solo a noi,suoi amici...la mattina decidemmo di cucinare la pasta con zucchine e gamberetti ma,una volta ai fornelli,ci rendemmo conto che gentili ospiti dell'ultimora si erano autoinvitati,così ci ritrovammo con tanta pasta,ma pochi gamberetti e poche zucchine...ma niente paura,saccheggiando il buon vecchio surgelatore,salvammo la situazione.
Ingredienti per 5 persone:
- 500 g di penne
- 3 zucchine di media grandezza
- 300 g di gamberetti sgusciati
- 250 g di totani;
Procedimento:
Tagliare le zucchine a rondelle sottili e farle soffriggere in olio e aglio tritato finemente.
Aggiungere i gamberetti (se congelati e precotti,basta lavarli con acqua calda finchè non si scongelano) e i totani tagliati ad anelli (stesso procedimento dei gamberetti) e far cuocere per 15 minuti.Salare.
Cuocere le penne in acqua salata.Quando sono al dente,scolatele,rimettetele in pentola ed aggiungete il sugo.
Far cuocere per un minuto,o affinchè la pasta ed il condimento si sposino alla perfezione.
Servire.
Un tocco di zafferano,secondo me,arricchisce il piatto.
I suoi genitori si trovavano in vacanza e,avendo lasciato casa libera,Giovanni pensò bene di trasformare la sua abitazione in una sorta di ostello della gioventù,ovviamente rivolto solo a noi,suoi amici...la mattina decidemmo di cucinare la pasta con zucchine e gamberetti ma,una volta ai fornelli,ci rendemmo conto che gentili ospiti dell'ultimora si erano autoinvitati,così ci ritrovammo con tanta pasta,ma pochi gamberetti e poche zucchine...ma niente paura,saccheggiando il buon vecchio surgelatore,salvammo la situazione.
Ingredienti per 5 persone:
- 500 g di penne
- 3 zucchine di media grandezza
- 300 g di gamberetti sgusciati
- 250 g di totani;
Procedimento:
Tagliare le zucchine a rondelle sottili e farle soffriggere in olio e aglio tritato finemente.
Aggiungere i gamberetti (se congelati e precotti,basta lavarli con acqua calda finchè non si scongelano) e i totani tagliati ad anelli (stesso procedimento dei gamberetti) e far cuocere per 15 minuti.Salare.
Cuocere le penne in acqua salata.Quando sono al dente,scolatele,rimettetele in pentola ed aggiungete il sugo.
Far cuocere per un minuto,o affinchè la pasta ed il condimento si sposino alla perfezione.
Servire.
Un tocco di zafferano,secondo me,arricchisce il piatto.
La Carbonara,un piatto che non passa mai di moda.
La prima ipotesi dell'origine del piatto è la seguente:
Pare che l'origine sia laziale e si tramanda la provenienza del termine come piatto tipico dei carbonai, per la facile reperibilità e conservazione degli ingredienti. Infatti per realizzare la carbonella era necessario sorvegliare la carbonaia per lungo tempo e quindi era importante avere con sé i viveri necessari.
La carbonara sarebbe in questo caso l'evoluzione del piatto detto cacio e ova, di origini Laziali e Abruzzesi, che i carbonari usano portare nei loro "tascapane", preparati anche il giorno prima e consumati freddi, con il solo utilizzo delle mani (uguale per la cacio e pepe quando non avevano le uova).
La seconda tesi ipotizza che la carbonara sia stata inventata da un cuoco che faceva parte dei carbonari, il gruppo di rivoluzionari che si batteva contro l'occupazione austriaca del nord italia, attivo tra la fine del '700 e le guarra d'indipendenza italiane.
Secondo la terza ipotesi, particolarmente suggestiva, la storia di questo piatto risale al 1945 quando i soldati americani entrarono a Roma alla fine della seconda guerra mondiale. Quando questi andavano nelle trattorie romane chiedevano per pranzo uova, pancetta e noodles, i tipici spaghetti cinesi, allora molto più in voga in America di quelli italiani. Gli chef romani dell'epoca soddisfacevano la loro richiesta servendo guanciale, uova al tegame ed un piatto di spaghetti sconditi e di conseguenza insipidi. Per ovviare a tale inconveniente i soldati americani mescolavano il tutto creando, a loro insaputa, l'antenato del celebre piatto. Sinceramente,credo sia da considerarsi uno dei miei piatti preferiti.
Ingredienti per 4 persone:
Procedimento:
Tagliare la pancetta a cubetti e cuocerla a fuoco basso in una casseruola antiaderente di 18-20 cm, finché non è diventata trasparente e non ha rilasciato il suo grasso. Sbattere le uova in una ciotola e mescolarle bene con il pecorino grattugiato e abbondante pepe macinato. Lessare la pasta in abbondante acqua salata, quindi metterla in una grande ciotola e condirla con il guanciale insieme al suo grasso, quindi aggiungere le uova e mescolare rapidamente. finché la pasta non è condita uniformemente.
Due cosigli:
L'uovo NON DEVE cuocere!
Aggiungete uno o due cucchiai di acqua di cottura della pasta nell'uovo sbattuto e l'amido della pasta contibuirà a redere cremosa la salsa.
Pare che l'origine sia laziale e si tramanda la provenienza del termine come piatto tipico dei carbonai, per la facile reperibilità e conservazione degli ingredienti. Infatti per realizzare la carbonella era necessario sorvegliare la carbonaia per lungo tempo e quindi era importante avere con sé i viveri necessari.
La carbonara sarebbe in questo caso l'evoluzione del piatto detto cacio e ova, di origini Laziali e Abruzzesi, che i carbonari usano portare nei loro "tascapane", preparati anche il giorno prima e consumati freddi, con il solo utilizzo delle mani (uguale per la cacio e pepe quando non avevano le uova).
La seconda tesi ipotizza che la carbonara sia stata inventata da un cuoco che faceva parte dei carbonari, il gruppo di rivoluzionari che si batteva contro l'occupazione austriaca del nord italia, attivo tra la fine del '700 e le guarra d'indipendenza italiane.
Secondo la terza ipotesi, particolarmente suggestiva, la storia di questo piatto risale al 1945 quando i soldati americani entrarono a Roma alla fine della seconda guerra mondiale. Quando questi andavano nelle trattorie romane chiedevano per pranzo uova, pancetta e noodles, i tipici spaghetti cinesi, allora molto più in voga in America di quelli italiani. Gli chef romani dell'epoca soddisfacevano la loro richiesta servendo guanciale, uova al tegame ed un piatto di spaghetti sconditi e di conseguenza insipidi. Per ovviare a tale inconveniente i soldati americani mescolavano il tutto creando, a loro insaputa, l'antenato del celebre piatto. Sinceramente,credo sia da considerarsi uno dei miei piatti preferiti.
Ingredienti per 4 persone:
- 400 g di spaghetti;
- 150 g di pancetta affumicata;
- 30 g di pecorino romano
- 2 uova intere
- sale e pepe;
- 150 g di pancetta affumicata;
- 30 g di pecorino romano
- 2 uova intere
- sale e pepe;
Procedimento:
Tagliare la pancetta a cubetti e cuocerla a fuoco basso in una casseruola antiaderente di 18-20 cm, finché non è diventata trasparente e non ha rilasciato il suo grasso. Sbattere le uova in una ciotola e mescolarle bene con il pecorino grattugiato e abbondante pepe macinato. Lessare la pasta in abbondante acqua salata, quindi metterla in una grande ciotola e condirla con il guanciale insieme al suo grasso, quindi aggiungere le uova e mescolare rapidamente. finché la pasta non è condita uniformemente.
Due cosigli:
L'uovo NON DEVE cuocere!
Aggiungete uno o due cucchiai di acqua di cottura della pasta nell'uovo sbattuto e l'amido della pasta contibuirà a redere cremosa la salsa.
Vademecum del ghiotto,ovvero ciò che non deve mancare in una cucina: Ciotole,ciotoline e scodelle.
Importante è anche possedere ciotole dove mescolare gli ingredienti,fare le preparazioni,fare le insalate e vari procedimenti.
Vademecum del ghiotto,ovvero ciò che non deve mancare in una cucina: Utensili.
LA FRUSTA
Ce ne sono di grandi e di piccole.Servono a mescolare ingredienti senza che si disfino, per esempio: le creme montate,gli albumi a neve e,per chi avesse buona volontà,per fare la maionese.
IL PELAPATATE
Personalmente,sono un estimatore di questo strumento.
Usandolo si risparmia tempo,si riducono gli sprechi e si ottengono risultati belli a vedersi.
I MESTOLI
Inutile pronunciarsi,il mestolo è la cosa più indispensabile di tutto.
Ne ho qualche decina.
IL PASSAVERDURE
Essenziale per preparare sugo e condimenti al pomodoro.
LO SCHIACCIAPATATE
Questo strumento è stato da me sottovalutato per molti anni.
Poi,all'improvviso,mi sono innamorato del purè...ed il gioco è stato fatto...
LE GRATTUGIE
Importantissime per l'uso,ovviamente,del formaggio...
Secondo me è preferibile grattugiare con questo strumento,poichè usare strumenti elettrici comporta il riscaldamento del formaggio e la modifica del sapore.
Ovviamente è una mia opinione.
LE FORMINE
Molto utili per fare ricette tipo biscotti,tartine e cose varie.
Si ottiene un risultato pulito e gradevole alla vista.
CUCCHIAI DI LEGNO
Forse non saranno più a norma nelle cucine dei ristoranti,ma hanno sempre il loro fascino...
Ovviamente non sto ad elencare i vari coltelli da cucina e i loro derivati...credo che ognuno di voi ne abbia.
Ce ne sono di grandi e di piccole.Servono a mescolare ingredienti senza che si disfino, per esempio: le creme montate,gli albumi a neve e,per chi avesse buona volontà,per fare la maionese.
IL PELAPATATE
Personalmente,sono un estimatore di questo strumento.
Usandolo si risparmia tempo,si riducono gli sprechi e si ottengono risultati belli a vedersi.
I MESTOLI
Inutile pronunciarsi,il mestolo è la cosa più indispensabile di tutto.
Ne ho qualche decina.
IL PASSAVERDURE
Essenziale per preparare sugo e condimenti al pomodoro.
LO SCHIACCIAPATATE
Questo strumento è stato da me sottovalutato per molti anni.
Poi,all'improvviso,mi sono innamorato del purè...ed il gioco è stato fatto...
LE GRATTUGIE
Importantissime per l'uso,ovviamente,del formaggio...
Secondo me è preferibile grattugiare con questo strumento,poichè usare strumenti elettrici comporta il riscaldamento del formaggio e la modifica del sapore.
Ovviamente è una mia opinione.
LE FORMINE
Molto utili per fare ricette tipo biscotti,tartine e cose varie.
Si ottiene un risultato pulito e gradevole alla vista.
CUCCHIAI DI LEGNO
Forse non saranno più a norma nelle cucine dei ristoranti,ma hanno sempre il loro fascino...
Ovviamente non sto ad elencare i vari coltelli da cucina e i loro derivati...credo che ognuno di voi ne abbia.
Saaalve!
Cari amici,
da sempre ho avuto la passione per la cucina e per il mangiar bene,così da oggi ho deciso di condividerla con voi.
In questo blog si parlerà di cibo,di materie prime,di animali,di utensili,di leggende,d'incantesimi,di esperimenti,di vino,di pettegolezzi...insomma,di tutto quello che è d'obbligo che si parli in una cucina che si rispetti.
Ovviamente ci saranno anche ricette...miriadi di ricette...
Infine,vorrei che tutti capissero che per cucinare cose buone e gustose,non occorre essere dei grandi chef,ma basterebbe essere solo dei ghiotti!
Grazie a voi.
Simone Belvedere
da sempre ho avuto la passione per la cucina e per il mangiar bene,così da oggi ho deciso di condividerla con voi.
In questo blog si parlerà di cibo,di materie prime,di animali,di utensili,di leggende,d'incantesimi,di esperimenti,di vino,di pettegolezzi...insomma,di tutto quello che è d'obbligo che si parli in una cucina che si rispetti.
Ovviamente ci saranno anche ricette...miriadi di ricette...
Infine,vorrei che tutti capissero che per cucinare cose buone e gustose,non occorre essere dei grandi chef,ma basterebbe essere solo dei ghiotti!
Grazie a voi.
Simone Belvedere
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