Più amato delle rime di Dante, più conosciuto delle ceramiche dei Della Robbia, antico come Palazzo Vecchio, il lampredotto è una pietanza che i fiorentini consumano e apprezzano.
Questo è uno dei quattro stomaci del bovino, una trippa, una frattaglia. Per i fiorentini è un’istituzione, una leggenda gastronomica, un rito popolare itinerante presente per le strade, sotto l’ombra nobile dei palazzi cinquecenteschi.
Il lampredotto è un cibo di strada che nasce tra le pietre squadrate e lucide nel cuore della città.
Gli ultimi baluardi di questo alimento povero e popolano sono i “banchini dei trippai”, come li chiamano a Firenze.
Un tempo erano carretti di legno, dipinti con colori sgargianti, condotti a mano o appoggiati su tricicli a pedali.
Oggi sono piccoli chioschi su quattro ruote, tutti di acciaio, lindi e sterili, ma con ancora intatto il loro fascino gitano. Portano in giro per Firenze il pesante carico di trippe e di storia.
In bella mostra, a un lato del banco, in mezzo a verdure fresche, limoni e insalata, i venditori offrono la loro mercanzia: lampredotto, trippa e puppa (la mammella del bovino), già bolliti e pronti per essere cucinati dalle massaie tra le mura domestiche.
Sull’altro lato del banco bollono due pentole piene di brodo, nelle quali cuociono, insieme a pomodori, carote, prezzemolo, cipolla e patate, grandi pezzi di lampredotto, destinati a una fine gloriosa: farcitura succulenta in mezzo a panini croccanti.
La storia ci aiuta a capire il perché di quest’amore tutto fiorentino per il lampredotto. Le cronache parlano delle “trippe” già nel Quattrocento, raccontando di botteghe fumose, a pochi passi dall’Arno, dove si bollivano e si vendevano le interiora per pochi centesimi.
A quei tempi la parola “fame” aveva un significato; trippa e lampredotto rappresentavano una concreta risposta ai brontolii dello stomaco. Proteine a buon mercato che il popolino nel corso dei secoli rese più appetibili e gustose elaborando ricette fantasiose. Oltre alla classica trippa alla fiorentina (pomodoro e parmigiano), e al lampredotto bollito, nei “banchini” si possono: lampredotto in inzimino (accompagnato da bietole), all’uccelletto (con salsiccia, fagioli e pomodoro), rifatto con le patate o con le cipolle, con i porri, con i carciofi.
I cultori di questo cibo preferiscono il lampredotto nella sua ricetta classica:
un panino croccante le cui facce interne sono appena bagnate di brodo bollente, farcito di morbida e semplice carne bollita, condito con sale e una generosa spolverata di pepe nero.
Ingredienti per 4 persone:
600 g Lampredotto
3 cipolle rosse
4 Coste di sedano intere con foglie
6 carote
2 pomodoro maturo
3 chiodi di garofano
Acqua 4 lt
pepe in grani
Sale grosso
Procedimento:
Preparate in una pentola tutti gli odori e versate l'acqua fredda, lavate bene il lampredotto sotto l'acqua corrente facendo attenzione ad entrare nelle pieghe della carne e mettetelo in pentola assieme agli odori.
Salate già ad acqua fredda e unite i chiodi ed il pepe.
Portate ad ebollizione e lasciate sobbollire coperto per almeno 3 ore.
Una volta cotto potete mangiarli o tagliato a pezzetti e solo salato ed oliato o nella classica maniera fiorentina, cioè tritato, messo in una rosetta (a Firenze si chiama semelle), condito con sale, salsa verde (vedi la mia ricetta), peperoncino e chiuso con la parte superiore del panino inzuppata del brodo di cottura.
Questa prelibatezza non è da tutti apprezzata,anzi la maggior parte delle volte,alla sua vista è accompagnata la frase "Che schifo!".
Ma assaggiare prima di dire certe cose no???
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